Papa Francesco, per Terrasanta due Stati e confini riconosciuti: "Si superino contrapposizioni"
Papa Francesco, per Terrasanta due Stati e confini riconosciuti: "Si ...
CITTA' DEL VATICANO -
"Vediamo Gesù nei bambini del Medio Oriente, che continuano a soffrire per l'acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi", ha suggerito papa Francesco nel Messaggio di Natale letto dalla Loggia della Basilica di San Pietro prima della benedizione Urbi et Orbi trasmessa in mondovisione.
"Vediamo Gesù nei bambini del Medio Oriente, che continuano a soffrire per l'acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi", ha suggerito papa Francesco nel Messaggio di Natale letto dalla Loggia della Basilica di San Pietro prima della benedizione Urbi et Orbi trasmessa in mondovisione.
E la sua preghiera si è rivolta a Gerusalemme e alla Terrasanta "perché
tra le parti prevalga la volontà di riprendere il dialogo e si possa
finalmente giungere a una soluzione negoziata che consenta la pacifica
coesistenza di due Stati all'interno di confini concordati tra loro e
internazionalmente riconosciuti".
"Il Signore sostenga anche lo sforzo di quanti nella Comunità
internazionale sono animati dalla buona volontà di aiutare quella
martoriata terra a trovare, nonostante i gravi ostacoli, la concordia,
la giustizia e la sicurezza che da lungo tempo attende". Tra i popoli
divisi Francesco ha parlato anche delle due Coree. "Preghiamo che nella
penisola coreana si possano superare le contrapposizioni e accrescere la
fiducia reciproca nell'interesse del mondo intero".
Bergoglio ha quindi descritto le ombre di quest'epoca. "Oggi, mentre sul
mondo soffiano venti di guerra e un modello di sviluppo ormai superato
continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale, il Natale ci
richiama al segno del Bambino, e a riconoscerlo nei volti dei bambini,
specialmente di quelli per i quali, come per Gesù, 'non c'è posto
nell'alloggio'".
Gesù nei volti di ogni bambino, in quelli siriani, dell'Iraq, dello
Yemen. Nei bimbi Rohingya, del Myanmar, del Bangladesh, africani.
"Vediamo Gesù nei volti dei bambini siriani, ancora segnati dalla guerra
che ha insanguinato il Paese in questi anni. Possa l'amata Siria - ha
aggiunto - ritrovare finalmente il rispetto della dignità di ogni
persona, attraverso un comune impegno a ricostruire il tessuto sociale
indipendentemente dall'appartenenza etnica e religiosa".
"Vediamo Gesù nei bambini dell'Iraq, ancora ferito e diviso dalle
ostilità che lo hanno interessato negli ultimi quindici anni, e nei
bambini dello Yemen - insiste il Santo Padre - dove è in corso un
conflitto in gran parte dimenticato, con profonde implicazioni
umanitarie sulla popolazione che subisce la fame e il diffondersi di
malattie. Vediamo Gesù nei bambini dell'Africa, soprattutto in quelli
che soffrono in Sud Sudan, in Somalia, in Burundi, nella Repubblica
Democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e in Nigeria.
Vediamo Gesù nei bambini di tutto il mondo dove la pace e la sicurezza
sono minacciate dal pericolo di tensioni e nuovi conflitti", ha
continuato.
"Rivedo Gesù nei bambini che ho incontrato durante il mio ultimo viaggio in Myanmar e Bangladesh,
e auspico che la Comunità internazionale non cessi di adoperarsi perchè
la dignità delle minoranze presenti nella Regione sia adeguatamente
tutelata" ha aggiunto Francesco che non ha nominato esplicitamente il
popolo die Rohingya ma il riferimento è stato molto chiaro. "Gesù - ha
aggiunto - conosce bene il dolore di non essere accolto e la fatica di
non avere un luogo dove poter poggiare il capo".
Infine Venezuela e Ucraina. "A Gesù Bambino affidiamo il Venezuela
perché possa riprendere un confronto sereno tra le diverse componenti
sociali a beneficio di tutto l'amato popolo venezuelano. Vediamo Gesù
nei bambini che, insieme alle loro famiglie, patiscono le violenze del
conflitto in Ucraina e le sue gravi ripercussioni umanitarie e preghiamo
perché il Signore conceda al più presto la pace a quel caro Paese". Un
messaggio di Natale per un piccolo mondo unito dagli occhi di piccoli
abitanti che non hanno scelto divisioni, né guerre.
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