Haaretz. Di David Rothkopf.
Bloccami. Non lasciarmi entrare in Israele. Sono ebreo. Tre
decine di miei parenti sono morti nell’Olocausto. Mio padre, prima che
fuggisse dai nazisti, era un membro attivo delle organizzazioni
giovanili sioniste. Con quello che credevo fosse il “diritto al ritorno”
israeliano, avevo l’impressione di avere un invito permanente a
visitare o anche di trasferirmi in Israele ogni volta che io volessi.
Ma
a quanto pare, le idee e gli ideali che stanno alla base sia del
diritto al ritorno che dello Stato d’Israele stanno subendo una
reinterpretazione.
Il
voto del Knesset lo scorso marzo per vietare l’ingresso di coloro che
sono coinvolti nei boicottaggi contro Israele e la decisione della
settimana scorsa da parte del ministero degli Affari strategici di
inserire nella lista nera i leader di 20 organizzazioni straniere che si
ritiene supportino tali boicottaggi suggeriscono che, di fatto, i
diritti ed i valori alla base della democrazia stessa sono stati
revocati nel paese.
So che tali diritti non esistevano per milioni di palestinesi.
Ho vissuto tutta la mia vita da adulto profondamente turbato da questo
fatto. I palestinesi meritano pienamente uno stato tutto loro e,
certamente, avere uno stato non è solo loro diritto, ma è anche nel
migliore interesse della sicurezza d’Israele.
Ma ho deciso di mantenere il mio sostegno allo Stato di Israele sulla base di alcune valutazioni.
Primo,
la creazione di Israele era, nella mia mente, giusta e resa necessaria
dalla storia. Poi, la mia sensazione era che la questione dei diritti
dei palestinesi sarebbe stata risolta con il tempo attraverso la
negoziazione – la storia richiede del tempo per adattarsi. Infine, avevo
la sensazione che la giustizia sarebbe prevalsa perché Israele era
fondato su principi democratici. Ciò significava che Israele riconosceva
che il diritto di uno Stato di esistere dipende dal consenso dei
governati e che i diritti di coloro che si trovano all’interno dei suoi
confini di esprimersi liberamente avrebbero arricchito, informato ed
assicurato la salute politica e morale della nazione.
Esiliare
coloro le cui opinioni sono scomode per Israele – anche se è essenziale
che Israele ascolti e consideri quelle opinioni – non solo indebolisce
il paese, ma suggerisce che le ragioni delle mie difesa per Israele stanno collassando.
Il fatto che il
governo d’Israele stia simultaneamente bloccando sistematicamente il
progresso della pace, attraverso misure che vanno dall’espansione delle
colonie alla recente legislazione che rende più difficile per Israele
concedere parti di Gerusalemme nelle negoziazioni, non fa che rafforzare
questo pensiero.
La retorica dell’estrema destra israeliana e la sua grottesca
baldoria negli abusi in serie contro i palestinesi, che vanno da una
ragazzina di 16 anni ad un paraplegico assassinato da soldati
israeliani, suggerisce che potrebbe esserci cose ancora peggiori.
Il
governo del primo ministro Netanyahu ha fatto ben poco per placare tali
preoccupazioni. Al contrario, Netanyahu è diventato più stridente e
bellicoso negli ultimi mesi. I suoi inviti per la fine dell’agenzia
delle Nazioni Unite che aiuta i profughi palestinesi sembrano crudeli,
infiammatori ed avventati, così come lo è stato il suo tentativo di
considerare come deportare con la forza gli africani richiedenti asilo. I
suoi eredi politici all’interno del partito Likud, come Gideon Saar,
stanno allo stesso tempo cercando di conficcare un palo nel cuore della
soluzione a due stati per la questione israelo-palestinese.
In
effetti, non si può fare a meno di chiedersi se Netanyahu non si stia
soltanto facendo portare dai venti del cambiamento politico nel suo
stesso Paese, sempre più orientato verso destra, o se stia prendendo
spunto dal presidente americano Donald Trump, un leader che, come
Netanyahu, è sotto scrutinio legale e che, come difesa, si sta
comportando sempre più irrazionalmente e autocraticamente.
Netanyahu
ha abbracciato il meme delle “false notizie” di Trump sugli attacchi
alla libertà di espressione in Israele. Ha incoraggiato Trump nel suo
annuncio altamente non costruttivo di trasferire l’ambasciata
statunitense a Gerusalemme e la decisione di Trump di tagliare i fondi
ai palestinesi.
I
due si stanno caricando l’un l’altro di esibizioni del loro “genio
molto stabile”. Proporre di intitolare una stazione ferroviaria di
Gerusalemme vicino al sito più sacro dell’ebraismo ad un individuo
volgare, aggressore sessuale seriale e suprematista bianco, coglie
perfettamente questo momento, che è al di là della parodia e della
credenza.
In
breve, l’amministrazione Netanyahu ha fatto di più che vietare i
critici con questa ultima mossa e tutte quelle che l’hanno preceduta. Ha
trasformato i sostenitori in avversari. Ha fatto un grande passo nella
direzione delle teocrazie illiberali, preferiti da persone del calibro di Trump. Ha reso ancora più chiaro ciò che i palestinesi stanno dicendo da decenni sulla farsa della democrazia israeliana. E ha fatto qualcos’altro.
Ha
spezzato il cuore di coloro che desideravano dal profondo del loro DNA
che Israel diventi anche solo l’ombra dei sogni che i nostri
padri e le nostre madri avevano per lui.
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