"Fermate l'espulsione dei profughi da Israele"



"Fermate l'espulsione dei profughi da Israele"




La legge israeliana li chiama “infiltrati”: si tratta dei profughi eritrei e sudanesi presenti nel Paese. I rifugiati hanno smesso di entrare in Israele nel 2012, quando il premier Benjamin Netanyahu ha ordinato di costruire la barriera al confine con l’Egitto, chiudendo di fatto le porte ai migranti.
In Israele sono rimasti bloccati circa 33mila irregolari - lo 0,5% della popolazione - in fuga prevalentemente dalla dittatura e dalla leva forzata del presidente Isaias Afwerki. Gerusalemme, però, ha concesso lo status di rifugiati solo a dieci, complice un lunghissimi limbo legale.
Il governo israeliano ha deciso di dare il via alla loro espulsione, offrendo ai migranti una somma di denaro - quasi 3mila euro - e il biglietto aereo verso una nazione africana, un “Paese terzo” che non sia quello da dove provengono (e dove rischierebbero torture e condanne a morte).
In risposta a questa decisione, 35 scrittori israeliani hanno inviato un appello al Primo ministro e ai parlamentari affinché fermassero la deportazione. Vi riportiamo di seguito la traduzione integrale del testo:
Ai membri della Knesset, al governo israeliano e al primo ministro Benjamin Netanyahu.
Vi chiediamo di fermare l'espulsione dei richiedenti asilo dall'Eritrea e dal Sudan, uomini e donne che portano con loro nel corpo e nell’anima le indicibili cicatrici della fuga dai loro Paesi e della prigionia nei campi di tortura del Sinai, e di bambini, che sono nati in Israele.
Tutti loro ci chiedono una sola cosa: vivere.
A differenza dell'enorme ondata di profughi che si è riversata sull'Occidente e diffusa su tutto il continente africano, il numero di richiedenti asilo attualmente in Israele costituisce meno dello 0,5 per cento della sua popolazione. Le porte sono ormai chiuse dal 2012. Dunque Israele non ha un problema rifugiati, non ha difficoltà finanziarie nell'integrarli, dare loro una sistemazione e indirizzarli verso lavori in assistenza sanitaria, agricoltura ed edilizia, settori bisognosi di forza lavoro.
Centomila cittadini stranieri, provenienti in gran parte dall'Europa orientale, risiedono nel nostro Paese senza permesso di soggiorno. Eppure non sono perseguiti e non costituiscono oggetto di espulsione. Il governo israeliano ha spostato tutta la sua attenzione verso i 35.500 richiedenti asilo africani, proprio quelli che fuggono dalla guerra, quelli che più di altri hanno bisogno di protezione. Persecuzione e deportazione forzata sono state riservate solamente a loro.
La tesi dello Stato, mai dimostrata, che queste persone non siano richiedenti asilo, è infondata. E a dimostrarlo è proprio il piano di espulsione, che prevede di trasferirli a pagamento verso “un Paese terzo” e non verso i Paesi dai quali sono fuggiti e dove ad attenderli ci sarebbero torture e condanne a morte.
In più, Ruanda e Uganda, indicati come "Paesi terzi", hanno smentito avere con Israele alcun accordo in merito. Dove, dunque, i deportati privi di diritti e protezioni saranno scaricati dagli aerei? E a chi Israele ha venduto le loro vite?
Le ingenti quantità di denaro pubblico investite prima nelle strutture di detenzione Holot e Saharonim, e ora nelle espulsioni, miliardi di shekel, potevano essere investiti meglio: nell’integrazione piuttosto che nella persecuzione. Il guadagno sarebbe stato sia economico che morale.
Purtroppo, l’Alta Corte ha dato il suo benestare all’espulsione confidando nelle garanzie che lo Stato ha dato sull’incolumità dei deportati. E a questo proposito è importante ricordare che già nel 2012 l’Alta Corte autorizzò l’espulsione di profughi originari del sud Sudan verso il loro Paese di origine basandosi su analoghi impegni assunti dallo Stato. Il risultato fu che numerosi deportati, neonati e bambini in particolare, persero la vita in circostanze terribili. Per altri il destino fu finire prigionieri nel corso di furiose battaglie, o essere vittime di persecuzioni, torture, stupri o messa in schiavitù. Le nostre mani sono macchiate del loro sangue.
Oggi, però, è nostro dovere salvare da analogo destino le decine di migliaia di richiedenti asilo, che vivono ancora tra noi. Un gesto da compiere non solo per loro, ma per noi stessi, per poterci considerare esseri umani, figli di un popolo che ha concepito il versetto: “Amerai lo straniero perché anche voi foste stranieri”.
La nostra storia di popolo si rivolta nella tomba. Non si può permettere che ebrei perseguitino e scaccino dei profughi. È inaccettabile che lo stato d’Israele si renda responsabile di un disastro umanitario di questa portata. È nelle vostre mani la facoltà d’impedirlo.
Come ha detto il preside della scuola Bialik Rogozin, questo è lo standard morale che lo Stato di Israele e i suoi cittadini desiderano, al quale sono vincolati, che vogliono rispettare e che configuri il loro modo di vivere. La morale ebraica e umana ci mette di fronte una responsabilità storica alla quale non possiamo sfuggire senza rischiare di mettere in pericolo il futuro delle prossime generazioni.
L’espulsione dei richiedenti asilo è programmata per la vigilia di Yom Hashoà. Noi vi esortiamo ad agire con la moralità, l’umanità e la compassione, che si addicono al popolo ebraico, e fermare quanto prima la cacciata dei profughi verso l’inferno dal quale sono fuggiti. Senza di questo non avremo la Rinascita.
1. David Grossman
2. Amos Oz, vincitore del Premio d’Israele
3. AB Yehoshua, vincitore del Premio d’Israele
4. Prof. Shimon Sandbank, vincitore del Premio d’Israele
5. Tuvia Ribner, vincitrice del Premio d’Israele
6. Lea Aini
7. Meir Shalev
8. Savyon Liebrecht
9. Yehoshua Sobol
10. Zeruya Shalev
11. Rachel Chalfi
12. Prof. Nissim Calderon
13. Orly Castel-Bloom
14. Yuval Shimoni
15. Etgar Keret
16. Dr. Michal Ben-Naftali
17. Noa Yadlin
18. Prof. Eilat Shamir
19. Alona Kimhi
20. Dov Alfon
21. Tal Nitzan
22. Agi Mishol
23. Ilana Hammerman
24. Edna Mazia
25. Yossi Sucari
26. Prof. Avraham Oz
27. Nurit Zarchi
28. Yishai Sarid
29. Shimon Adaf
30. Yaara Shehori
31. Ilana Bernstein
32. Shimon Buzaglo
33. Dana Amir
34. Iris Elia Cohen
35. Dori Manor
traduzione a cura di Gabriele Eschenazi



L’appello di rabbini e scrittori «Nascondiamo rifugiati in casa come Anna Frank»

 

Gli appartamenti di Tel Aviv, Gerusalemme o Haifa come l’alloggio segreto di Prinsengracht 263 ad Amsterdam. I rifugiati eritrei e sudanesi da proteggere come Anne Frank. Un gruppo di rabbini ha lanciato una campagna per accogliere i clandestini e impedire che siano deportati da qui a un paio di mesi, rispediti all’orrore che avevano sperato di lasciarsi dietro.

L’idea di ispirarsi alla ragazza ebrea morta nel campo nazista di Bergen-Belsen — dopo essere rimasta rintanata con la famiglia per quasi due anni — è venuta a Susan Silverman, rabbina progressista immigrata da Boston nel 2006 e sorella della comica americana Sarah. È anche tra le leader del movimento che vuol permettere alle donne di pregare come gli uomini, di recitare la Torah ad alta voce davanti al Muro del Pianto.

All’incontro organizzato a Gerusalemme dall’organizzazione Rabbini per i diritti umani, Silverman ha chiesto alle 130 persone presenti quante di loro avrebbero nascosto un rifugiato. Tutti hanno alzato la mano. La legge israeliana li chiama «infiltrati» e in realtà non se ne infiltrano più dal 2012, da quando il premier Benjamin Netanyahu ha dato ordine di costruire la barriera al confine con l’Egitto. Gli eritrei sono stati contrabbandati dai beduini — per loro una merce come un’altra assieme alla droga e alle armi — attraverso la penisola del Sinai, marce forzate a digiuno per fuggire dalla dittatura che ad Asmara li costringe a prestare il servizio militare senza data di scadenza.

L’Eritrea non è in guerra ma il presidente Isaias Afwerki sfrutta la propaganda di un altro possibile conflitto con l’Etiopia per schiavizzare attraverso la divisa l’intera popolazione. In Israele sono rimasti bloccati quasi 33 mila irregolari (3 mila bambini sotto ai sei anni sono nati qui), in 10 mila hanno richiesto asilo, lo status e i documenti riconosciuti dalle Nazioni Unite permetterebbero loro di andarsene in un altro Paese. Solo in dieci lo hanno ottenuto, gli altri stanno ancora aspettando. Bloccati in un limbo legale e in una gabbia di miseria.

Il governo di destra ha deciso di cacciarli anche se rappresentano meno della metà dell’1 per cento della popolazione: è il numero minimo ricordato dai 35 romanzieri che hanno firmato un altro appello inviato due giorni fa al primo ministro e ai parlamentari. «Vi imploriamo di fermare la deportazione di uomini e donne che portano le cicatrici sul corpo e nell’anima — scrivono gli intellettuali, tra loro Amos Oz, David Grossman, Abraham Yehoshua, Etgar Keret, Zeruya Shalev —. La nostra storia come popolo ebraico si rivolta nella tomba e avete il privilegio di poter interrompere questa vergogna».

Perché se ne vadano il ministero degli Interni offre ai migranti quasi 3000 euro e il biglietto aereo verso una nazione africana. L’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu ha avvertito Israele di non rimandarli nell’area sub-sahariana dove rischiano di finire un’altra volta incatenati dai trafficanti di esseri umani. L’alternativa per chi non accetta di prendere il volo è la detenzione senza limite di tempo.Silverman ricorda i non-ebrei che hanno rischiato la vita per salvare la vita di chi era braccato dai nazisti, vuole accompagnare i richiedenti asilo al Memoriale della Shoah — dove vengono celebrati questi Giusti tra le nazioni — «in una marcia per risvegliare la coscienza del mondo ebraico». Racconta di un giovane eritreo che ha saputo dell’Olocausto leggendo il Diario e ha intrapreso il viaggio pericoloso verso Israele convinto «che il popolo di Anne Frank mi avrebbe accettato e protetto».

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L’appello di rabbini e scrittori «Nascondiamo rifugiati in casa come Anna Frank»

 

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