Rapporto OCHA del periodo 19 dicembre 2017 – 1 gennaio 2018
Nei
Territori palestinesi occupati (TPO), durante il periodo di riferimento
del presente bollettino, l’ondata di proteste e scontri è continuata,
seppur con intensità ridotta; era iniziata il 6 dicembre, dopo il
riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele da parte degli
Stati Uniti.
Dall’inizio delle proteste,
complessivamente, 14 palestinesi sono stati uccisi e 4.549 sono stati
feriti dalle forze israeliane. Le persone ferite durante tale periodo
rappresentano circa il 56% del totale dei feriti nel 2017.
Nella Striscia di Gaza, in scontri
correlati alle summenzionate proteste, tre civili palestinesi sono stati
uccisi dalle forze israeliane e 280 sono rimasti feriti; altri due
civili sono morti per le ferite riportate in episodi simili accaduti
durante il precedente periodo di riferimento. Gli episodi si sono
svolti vicino alla recinzione perimetrale tra Gaza e Israele ed hanno
comportato lanci di pietre contro le forze israeliane schierate dalla
parte israeliana. Queste, a loro volta, hanno sparato contro i
manifestanti con armi da fuoco, proiettili di gomma e bombolette
lacrimogene. I tre morti, tutti uomini, si sono avuti in distinti
episodi accaduti il 22 ed il 30 dicembre: ad est di Jabalia, nella città
di Gaza e ad est di Deir al-Balah. Gli altri due, sempre uomini, sono
morti per le ferite riportate l’8 e il 17 dicembre. Dei feriti
registrati, almeno 27 erano minori; più di un terzo (103) sono stati
colpiti con armi da fuoco; i rimanenti sono stati medicalizzati per
inalazione di gas lacrimogeno o perché colpiti direttamente da
bombolette lacrimogene.
1.386 palestinesi, di cui almeno 226
minori, sono stati feriti dalle forze israeliane nel corso di scontri;
la maggioranza (93%) nel contesto delle proteste sopra menzionate.
Il numero più consistente di feriti durante proteste è stato registrato
nella città di Nablus, seguita dalla città di Jericho, dalla città di Al
Bireh (Ramallah) e dalla città di Abu Dis (Gerusalemme). Degli altri
feriti, la maggior parte è stata registrata nel corso di operazioni di
ricerca-arresto, le più vaste delle quali si sono svolte nella città di
Qalqiliya e nel Campo profughi di Aqbat Jaber (Gerico). Così come era
avvenuto nel precedente periodo di riferimento, la maggior parte delle
lesioni (68%) sono state causate da inalazioni di gas lacrimogeni con
esigenza di trattamento medico, seguite da ferite causate da proiettili
di gomma (21%).
In Cisgiordania le forze israeliane
hanno condotto 170 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 214
palestinesi, di cui almeno 18 minori. Più di un terzo di queste
operazioni ha provocato scontri con i residenti. Altri tre palestinesi,
tra cui una donna e un minore, sono stati arrestati, in tre diversi
episodi mentre, secondo fonti israeliane, tentavano di aggredire con
coltello forze israeliane (in due casi) e per possesso di esplosivi (un
caso).
Gruppi armati palestinesi di Gaza
hanno sparato numerosi razzi in direzione del sud di Israele: due di
questi sono caduti in Israele ed hanno danneggiato un edificio; la
maggior parte sono stati intercettati in aria da missili israeliani o
sono ricaduti nella Striscia di Gaza. I lanci di razzi sono stati
seguiti da attacchi aerei israeliani sulla Striscia di Gaza, con danni a
numerosi siti che, secondo quanto riferito, apparterrebbero a gruppi
armati palestinesi.
In almeno 22 occasioni, le forze
israeliane, allo scopo di imporre le restrizioni di accesso, hanno
aperto il fuoco verso agricoltori e pescatori presenti in zone limitrofe
alla recinzione perimetrale ed in zone di pesca lungo la costa di Gaza:
quattro pescatori sono stati arrestati, uno dei quali ferito con arma
da fuoco, e una barca è stata confiscata. In cinque occasioni, le
forze israeliane sono entrate a Gaza, vicino a Khan Younis e nell’area
centrale, ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di
scavo nelle vicinanze della recinzione perimetrale.
In Area C e Gerusalemme Est, per la
mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno
demolito o sequestrato cinque strutture, sfollando cinque palestinesi e
coinvolgendone altri 33. Tre delle strutture prese di mira, una
delle quali demolita dai proprietari dopo aver ricevuto ordini di
demolizione, erano in Gerusalemme Est; le altre due nelle parti locate
in Area C dei villaggi di Tarqumiya (Hebron) ed Al Walaja (Betlemme).
Sempre in Area C, nel villaggio di
Bani Na’im (Hebron), le autorità israeliane hanno emesso ordini di
demolizione ed arresto lavori contro otto strutture finanziate da
donatori; tra queste una scuola, una clinica sanitaria, una moschea e
cinque strutture residenziali. Tre di queste strutture erano state
finanziate dal Fondo Umanitario per i Territori occupati [Organismo delle Nazioni Unite].
Il 21 dicembre, nella Città Vecchia
di Gerusalemme, la polizia israeliana ha costretto una famiglia
palestinese a svuotare delle loro merci un magazzino-negozio e l’ha
consegnato ad un’organizzazione di coloni israeliana che ne rivendicava
la proprietà. Lo sfratto conclude lunghi procedimenti presso
tribunali israeliani, dove la famiglia aveva contestato, senza successo.
lo sfratto, sostenendo di essere un “inquilino protetto”. A Gerusalemme
Est, sono state presentate almeno 180 istanze di sfratto contro
famiglie palestinesi. La maggior parte di queste istanze, avviate da
organizzazioni di coloni israeliani, si basano sia su rivendicazioni di
proprietà, sia su attestazioni che gli affittuari non sono più
“inquilini protetti”.
L’esercito israeliano ha bloccato un
certo numero di strade, sia di accesso che interne all’area di Massafer
Yatta di Hebron, ed ha emesso un ordine militare che impone ai
palestinesi l’acquisizione di permessi per superare i nuovi ostacoli.
Per circa 1.400 persone, residenti in 12 comunità, le nuove restrizioni
hanno interrotto l’accesso ai servizi ed ai mezzi di sussistenza.
Queste comunità si trovano in una zona designata da Israele “area chiusa
per addestramento militare” (zona per esercitazioni a fuoco 918) e sono
considerate ad alto rischio di trasferimento forzato. Nella
Cisgiordania centrale, il 1° gennaio, dopo averlo bloccato per sette
giorni consecutivi, l’esercito israeliano ha riaperto il checkpoint
principale che controlla, da est, l’accesso a Ramallah (checkpoint DCO).
Il 29 dicembre, una ragazzina
palestinese di 9 anni, malata e con bisogni speciali, è morta mentre si
recava in un ospedale della città di Nablus: al checkpoint di Awarta
(Nablus) i soldati israeliani le avevano negato l’accesso. Secondo
la famiglia della ragazza, dopo aver discusso per circa mezz’ora con i
soldati, hanno fatto una deviazione verso il checkpoint di Huwwara. A
causa di scontri in corso, anche questo risultava bloccato; dopo un
lungo ritardo sono riusciti comunque a superarlo. Circa 90 minuti dopo
aver lasciato la loro casa nel villaggio di Awarta, sono arrivati
all’ospedale dove la ragazza è stata dichiarata morta. La durata normale
del viaggio tra il villaggio e l’ospedale è di 15 minuti.
Sono stati segnalati almeno otto
attacchi da parte di coloni israeliani con conseguenti lesioni a
palestinesi o danni a proprietà. Secondo quanto riferito, quattro di
questi episodi sono stati perpetrati da coloni dell’insediamento di
Yitzhar contro abitanti dei villaggi di Madama e Burin (Nablus), ed
hanno comportato danni a 62 alberi, l’aggressione fisica a due uomini
palestinesi e l’incursione in una scuola. In conseguenza di quest’ultimo
episodio, le forze israeliane sono intervenute, scontrandosi con gli
studenti e ferendone 11. Altri 22 palestinesi sono rimasti feriti
nella città di Nablus, durante scontri con le forze israeliane in
seguito all’ingresso di coloni israeliani nel sito della Tomba di
Giuseppe. A Ya’bad (Jenin) e Beit Safafa (Gerusalemme Est), in due
distinti episodi di lancio di pietre e bottiglie incendiarie da parte di
coloni israeliani, tre veicoli palestinesi e una casa hanno subito
danni.
Sono stati segnalati almeno undici
episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli
israeliani nelle zone di Hebron, Ramallah e Gerusalemme. Secondo
rapporti di media israeliani, sono stati provocati danni a cinque
veicoli privati e alla metropolitana leggera nell’area di Shu’fat di
Gerusalemme Est.
Il valico di Rafah sotto controllo
egiziano è stato aperto un giorno, il 19 dicembre, in entrambe le
direzioni, consentendo a 569 persone di lasciare Gaza e a 92 di
tornarvi. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre 20.000
persone, compresi casi umanitari, sono registrate e in attesa di
attraversare Rafah.
¡
Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)
Il 3 gennaio, in scontri scoppiati
durante una manifestazione nel villaggio di Deir Nidham (Ramallah), un
ragazzo palestinese di 17 anni è stato ucciso con arma da fuoco dalle
forze israeliane.
nota 1:
I
Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua
inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati
statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei
civili nei territori palestinesi occupati.
sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians
L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.
la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:
nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]
sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti
a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.
nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.
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