Tra i ritardi dell’ANP e le minacce di Israele, Gaza sta andando verso l’ignoto
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4 gennaio 2018, Middle East Monitor
Le due principali fazioni
palestinesi, Hamas e Fatah, sono responsabili delle divisioni interne ai
palestinesi, ma il 12 ottobre dello scorso anno hanno firmato insieme
un accordo di riconciliazione sponsorizzato dall’Egitto.
I palestinesi di Gaza
hanno festeggiato l’accordo, che è stato presentato come la fine del
decennale blocco da parte di Israele, dell’Autorità Palestinese e
dell’Egitto.
Come gesto di buona volontà, Hamas ha
sciolto il suo comitato amministrativo, che aveva sostituito il governo
palestinese nella Striscia di Gaza guidato dal movimento. L’Autorità
Nazionale Palestinese (ANP) a Ramallah, dominata da Fatah, ha annunciato
che avrebbe immediatamente assunto le proprie responsabilità a Gaza ed
avrebbe tolto le misure punitive imposte contro l’enclave dal suo leader
Mahmoud Abbas, che includevano tagli all’elettricità, congelamento dei
salari nel settore pubblico e un’interruzione nell’invio di farmaci e
nell’approvazione di richieste per cure mediche altrove.
Alcuni osservatori dubitavano che questo
accordo avrebbe posto termine alla divisione tra palestinesi e
all’assedio di Gaza; inoltre non si fidavano dell’Egitto come mediatore
imparziale, in quanto la leadership del Cairo ha considerato per molto
tempo Hamas come un nemico. Tuttavia, molti analisti politici hanno
evitato di mettere in dubbio le intenzioni dell’ANP e dell’Egitto.
Comunque, col passare del tempo quasi tutti gli esperti di questioni
palestinesi si sono convinti che ciò che era avvenuto era parte di un
gioco più grande. Alcuni si sono spinti ad affermare che ciò faceva
parte dell’“accordo del secolo” di Trump.
Considerando
la situazione nella Striscia di Gaza tre mesi dopo, l’unica cosa certa è
che l’accordo è stato una bolla di sapone. Non è esagerato dire che il
territorio è sull’orlo del collasso; anzi, ha iniziato a collassare. Il
settore sanitario, quello del welfare, l’economia, l’educazione e gli
altri ambiti del sistema di governo stanno per annunciare di non essere
in grado di fornire quotidianamente i servizi alla popolazione di Gaza,
mentre gli scioperi di protesta iniziano a farsi sentire.
Migliaia di dipendenti pubblici a Gaza
non hanno ricevuto salari per mesi; migliaia di famiglie povere non
hanno sussidi sociali a cui ricorrere; migliaia di famiglie di
lavoratori non hanno denaro perché più dell’80% delle attività
commerciali e del 90% delle fabbriche a Gaza hanno già bloccato la
produzione. Secondo l’analista economico Mohamed Abu Jayyab, una causa
della recessione economica è che l’ANP sta ancora riscuotendo le tasse,
ma solo per trasferire il denaro fuori da Gaza.
Martedì il portavoce del ministero della
salute palestinese a Gaza, Ashraf Al-Qiddra, ha comunicato il rinvio di
migliaia di appuntamenti per interventi chirurgici, avvertendo che
potrebbero essere cancellati se Israele non toglierà le sanzioni sui
farmaci, le attrezzature mediche e i ricambi per macchinari
indispensabili. L’ANP, ha aggiunto, deve inviare urgentemente materiale
sanitario ed i farmaci necessari agli ospedali e ai centri sanitari di
Gaza. “Nel magazzino centrale i livelli di scorte di molti articoli
nell’elenco dei farmaci essenziali sono a zero”, ha avvertito.
Nel frattempo il dilazionamento da parte
dell’ANP del pagamento dei salari dei dipendenti pubblici assunti da
Hamas dopo la sua vittoria nelle elezioni del 2006, che in base
all’accordo di riconciliazione avrebbero dovuto essere pagati da
novembre, così come l’esitazione della stessa ANP nel togliere le
sanzioni a Gaza, suggeriscono che Ramallah non pensa seriamente a porre
fine alle sofferenze dei cittadini palestinesi nell’enclave. “Anche i
dipendenti dell’ANP a Gaza, che sono pesantemente indebitati con le
banche ed hanno perso un terzo dei loro salari, sono oggi classificati
tra i poveri”, ha spiegato Abu Jayyab.
L’ANP ha deciso di aumentare il prezzo
del carburante che entra nella Striscia di Gaza dall’Egitto, per
incamerare più tasse per le sue casse in Cisgiordania. Intanto il primo
ministro dell’ANP Rami Hamdallah ha sostenuto che l’Autorità ha pagato
16 miliardi di dollari a Gaza mentre, in realtà, ha pagato la metà di
tale cifra ed ha riscosso 9,6 miliardi di dollari in tasse nel periodo
dell’assedio. Non sembra essere un governo ansioso di adempiere alle
proprie responsabilità ed impegni nei confronti degli abitanti di Gaza.
L’ANP dovrebbe aver assunto la piena
responsabilità della guida di tutti i ministeri a Gaza, il cui controllo
è stato ceduto da Hamas al momento della firma dell’accordo, ma non è
accaduto nient’altro se non che i ministri ed i capi di dipartimento
hanno visitato gli uffici per un servizio fotografico e poi se ne sono
andati. Non sono state pagate da Ramallah neanche le spese di
amministrazione. La scusa accampata da Fatah e dall’ANP è che loro hanno
il controllo solo del 5% degli uffici a Gaza. La verità è che
semplicemente non prendono sul serio la riconciliazione.
Ramallah può fare promesse davanti alle
telecamere – in particolare riguardo alle forniture di elettricità a
Gaza – ma non fa seguire delle azioni. Vede Gaza solo come una
potenziale fonte di entrate, rastrellando milioni di shekel ai posti di
confine, dei quali pure ha il controllo.
Il mediatore dell’accordo di
riconciliazione, l’Egitto, ha promesso di denunciare qualunque delle
parti non rispetti i propri impegni sottoscritti nell’accordo. Non lo ha
fatto, soprattutto, si suppone, perché è la sua alleata ANP, guidata da
Fatah, ad essere venuta meno all’accordo.
Ma soprattutto, si è abbondantemente
omesso di riferire che, dalla decisione di Trump su Gerusalemme del 6
dicembre, Gaza è stata sottoposta a bombardamenti israeliani quasi ogni
giorno. Tre persone sono state uccise e dozzine ferite ed i palestinesi
ora vivono nel costante timore che stia per scatenarsi un’altra
offensiva militare israeliana.
“Prima di andare a dormire i palestinesi
della Striscia di Gaza sentono un ufficiale israeliano che minaccia di
scatenare una guerra contro di loro e poi quando si svegliano sentono un
altro che dice che non ci sarà nessuna guerra contro Gaza nel prossimo
futuro”, ha spiegato la scienziata sociale Adel N’ima. “Ciò ha un
effetto disastroso sulla psiche, in quanto provoca un grave stress negli
anziani e un trauma nei giovani.”
Tale terrore psicologico è ovviamente
ciò che i bombardamenti e la propaganda intendono provocare. Che cosa è
questo se non terrorismo di stato?
“L’ANP è interessata solamente a
raccogliere denaro a Gaza, non a facilitare la vita dei palestinesi di
Gaza”, ha ribadito Abu Jayyab. Lui ritiene che l’autorità di Ramallah
guidata da Mahmoud Abbas stia portando Gaza in un profondo e oscuro
tunnel. Tra i rinvii dell’ANP e le minacce di Israele, l’enclave sta
certamente andando verso l’ignoto, per cui è difficile non concordare
con lui.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
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