Umberto De Giovannangeli Una ragazza di Palestina Ahed Tamimi,


Una ragazza di Palestina






Per molti, dentro e fuori i territori palestinesi, è diventata il simbolo di un popolo che non si piega all'occupante. Non è una politica, tanto meno un capo militare. È una ragazza palestinese. Determinata, certo, anche un po' sfrontata, sicuro, ma questo non può diventare un'aggravante giudiziaria. Così invece è. In una nota ufficiale, Magdalena Mughrabi, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord, ha ribadito la richiesta a Israele di rilasciare immediatamente Ahed Tamimi, 16enne attivista palestinese accusata di aggressione aggravata e istigazione. Il 17 gennaio un tribunale israeliano ha stabilito che Ahed Tamimi dovrà rimanere in carcere fino alla fine del suo processo. In difformità dall'articolo 66 della IV Convenzione di Ginevra sarà processata in territorio israeliano da un tribunale militare. La data d'inizio del processo è stata fissata il prossimo 31 gennaio, il giorno in cui Ahed compirà 17 anni.
"Nulla che Ahed Tamimi ha fatto può giustificare il proseguimento della detenzione di una ragazza di 16 anni – ha dichiarato in una nota ufficiale Mugharabi –. Le immagini di una ragazza disarmata che schiaffeggia un soldato, armato di tutto punto, mostrano che mantiene il controllo e per questo viene aspramente criticato dalla ultradestra nazionalista israeliana che quell'azione costituiva una minaccia assai scarsa. Il prolungamento della sua detenzione è oltraggiosamente eccessivo rispetto a un reato modesto e costituisce una misura del tutto inappropriata per una minorenne. Chiediamo alle autorità israeliane di rilasciarla immediatamente".
L'avvocato di Ahed Tamimi ha riferito che la ragazza è stata sottoposta a diverse lunghe e aggressive sedute d'interrogatorio, talvolta di notte, e che chi la interrogava ha più volte rivolto minacce alla sua famiglia. Ahed Tamimi è stata arrestata il 19 dicembre scorso dopo che sua madre, Nariman Tamimi – un'altra palestinese nota per il suo attivismo – aveva diffuso via Facebook le immagini di un alterco di sua figlia con due soldati. Una cugina di Ahed, Nour Tamimi, è stata arrestata la mattina del 20 dicembre. L'alterco tra Ahed Tamimi e due soldati israeliani era avvenuto in occasione di una manifestazione promossa a Nabi Saleh contro la recente decisione del presidente statunitense Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale d'Israele.
L'accusa per cui sarà processata si riferisce anche a incidenti precedenti per i quali non era mai stata perseguita. Il giudice ha motivato la sentenza affermando che Tamimi è "una persona che è stata coinvolta in attacchi ai soldati e minacce su di loro in diverse occasioni, oltre che nell'espressione di linguaggio provocatorio. Non ho altra scelta che ordinare la sua incarcerazione fino alla fine del suo processo". Per l'Ong israeliana B'tselem l'udienza che ha confermato la sua carcerazione, è un "chiaro esempio" che "il sistema giuridico militare non è uno strumento di giustizia, ma un meccanismo centrale di repressione al servizio del contro israeliano sui palestinesi dei territori". In precedenza, lo stesso giorno, un altro cugino di Ahed, il quindicenne Mohammad Tamimi, era stato gravemente ferito alla testa da un proiettile di gomma sparato da corta distanza da un soldato israeliano.
"La detenzione di Ahed Tamimi e il processo che dovrà affrontare in corte marziale sono un esempio della discriminazione istituzionale tipica del trattamento inflitto ai minorenni palestinesi che si attivano contro l'occupazione israeliana e dimostra come Israele stia violando i suoi obblighi internazionali nei confronti dei minorenni", ha aggiunto Mughrabi."Questa ragazza – annota su Internazionale Bernard Guetta - Questa adolescente è diventata un'icona palestinese e una celebrità mondiale da quando ha schiaffeggiato un soldato che voleva impedirle di partecipare alla manifestazione settimanale del suo villaggio contro l'occupazione israeliana. Nel 2012, quando Ahed aveva 12 anni, era già diventata famosa agitando il pugno verso un altro soldato minacciando di "rompergli la testa". Un anno fa aveva morso un altro militare per impedirgli d'interrogare suo fratello. Ora è arrivato lo schiaffo, filmato dalla madre e diventato virale sui social media...".
Questa adolescente, annota ancora Guetta, "nata in una famiglia che ha scelto la non violenza, incarna una nuova generazione palestinese che non crede più al processo di pace e nemmeno alla soluzione dei due Stati, decisa a battersi solo per il riconoscimento dei propri diritti e della propria dignità. Il fallimento del negoziato ha insegnato a questa generazione che oggi essa non vive nella virtualità della Palestina ma nella realtà di uno stato di Israele che comprende la Cisgiordania, uno stato di diritto a cui chiedere diritti civili, più difficili da rifiutare rispetto a un insieme di frontiere, uno stato e una capitale". In queste ultime righe, Bernard Guetta tocca due questioni cruciali, due nervi scoperti per Israele e il suo sistema democratico. La prima è la non violenza: quella che in una recente intervista all'Huffington Post, Hanan Ashrawi, più volte ministra palestinese, paladina dei diritti umani nei territori, ha definito la "terza via da praticare tra rassegnazione e deriva militarista".
È quello che Ahed ha fatto, con la sfrontatezza dei suoi anni, con la determinazione di chi sa cosa significhi l'umiliazione a un check-point o vivere all'ombra del "Muro dell'apartheid" (la Barriera di sicurezza per Israele). Ahed è una ragazza di Palestina. Cresciuta in fretta, sotto occupazione. Per una generazione di giovani palestinesi che non si riconosce più in una dirigenza vecchia e in parte corrotta, Ahed è divenuta un simbolo, una icona. Di certo, verrebbe da dire, meglio lei che il "califfo" al-Baghdadi. Ahed ha i sogni che coltivano nel mondo le ragazze e i ragazzi della sua età: generazione smart, abilissima nello "smanettare" gli smartphone, che supera con i social media muri e gabbie. È una generazione forse disincantata, ma non passiva. Ahed ha scelto la via della non violenza, e non si è trasformata, come altri suoi coetanei, in strumento di morte, brandendo un coltello a un posto di blocco scambiando il desiderio di giustizia in sete di vendetta. Ahed vive nel presente, non potendo immaginare il futuro. Perché è difficile guardare al futuro se vivi in una enclave, o in un campo profughi o in una immensa e fatiscente prigione a cielo aperto qual è Gaza (il 54% dei suoi quasi 2milioni di abitanti hanno meno di 18 anni).
Era in un carcere israeliano, Ahed Tamimi, quando il vecchio presidente palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha certificato la morte degli accordi di Oslo-Washington, quelli che avrebbero dovuto portare a una pace fondata sul principio "due popoli, due Stati". Più che una speranza, un'illusione. Perché Ahed, ragazza di Palestina, sa che uno Stato palestinese in una Cisgiordania disseminata di insediamenti-città, dove vivono quasi 400mila israeliani-coloni, ai quali si aggiungono i 140mila di Gerusalemme Est, uno Stato degno di questo nome non sarà mai edificato. Ma Ahed sente ripetere che Israele è l'unica democrazia in Medio Oriente, uno stato di diritto a cui, per usare le parole di Bernard Guetta, "chiedere diritti civili, più difficili da rifiutare rispetto a un insieme di frontiere, uno stato, una capitale...". Si sente ripetere che Israele non sono solo i soldati in assetto da guerra che lei ha imparato a conoscere fin da bambina. Israele è altro. Ecco perché la vicenda di questa ribelle sedicenne è la cartina al tornasole dello stato della democrazia in Israele. Ed è per questo che l'attenzione dei media internazionali deve mantenersi viva e i "riflettori" accesi su questa ragazza di Palestina.

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