A Gaza Israele uccide un minorenne e spezza ossa
Maureen Clare Murphy
20 aprile 2018, Electronic Intifada
Le
forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi, compreso un
ragazzino, mentre per il quarto venerdì consecutivo si svolgevano
manifestazioni di massa lungo il lato orientale di Gaza come parte di
una protesta di sei settimane per la “Grande Marcia del Ritorno”.
Muhammad
Ibrahim Ayyoub, 14 anni, colpito venerdì alla testa a est di Jabaliya
nel nord di Gaza, è il quarto minorenne tra i più di 30 palestinesi
uccisi durante le proteste da quando, il 30 marzo, le manifestazioni
sono iniziate.
“Infermieri
che oggi hanno portato via il ragazzino hanno dichiarato che è stato
colpito alla testa con un proiettile letale a circa 50 metri dalla
barriera, a est di Jabaliya, senza nessun indizio che rappresentasse un
pericolo per le forze israeliane,” ha affermato venerdì l’ufficio delle
Nazioni Unite per il Coordinamento delle Questioni Umanitarie.
L’inviato
delle Nazioni Unite per la pace in Medio Oriente Nickolay Mladenov ha
abbandonato le sue abitualmente caute dichiarazioni che esprimono
“preoccupazione” e chiedono “la massima moderazione”.
Su
Twitter Mladenov ha sostenuto che è “vergognoso sparare a un
ragazzino!” ed ha aggiunto che “il tragico incidente deve essere
indagato.”
Gli
altri tre palestinesi uccisi venerdì sono stati identificati dal
ministero della Salute di Gaza come Ahmad Nabil Abu Aqel, 20 anni, Ahmad
Rashad al-Athamna, 24, e Saad Abd al-Majid Abd al-Al Abu Taha, 29.
Abu
Aqel, di Beit Hanoun, nella parte settentrionale di Gaza, è stato
colpito da un proiettile alla nuca durante proteste a est del campo di
rifugiati di Jabaliya. Fotografie che circolano sulle reti sociali
mostrano che parte del suo cranio è stata strappata via.
Immagini
che mostrano Abu Aqel prima che venisse colpito sono circolate sulle
reti sociali in seguito all’annuncio della sua morte.
Una di queste lo mostra mentre viene curato da un medico per una lieve ferita prima che venisse ucciso.
Secondo
il gruppo per i diritti umani “Al Mezan”, con sede a Gaza, Abu Aqel era
“seduto su una collina di sabbia a circa 150 metri a ovest della
barriera di confine, e voltava la schiena alle forze di occupazione
israeliane quando queste ultime gli hanno sparato” venerdì.
Abu
Aqel usava le stampelle in seguito al fatto di essere rimasto ferito da
un proiettile vero alla gamba sinistra durante la protesta dell’8
dicembre contro il riconoscimento USA di Gerusalemme come capitale di
Israele.
Al
Mezan afferma che l’uccisione di Abu Aqel, un disabile che non
rappresentava nessuna ragionevole minaccia per le forze israeliane, a
molta distanza e protette da fortificazioni di terra e da barriere,
ricorda l’uccisione da parte di un cecchino, nel dicembre 2017, di
Ibrahim Abu Thurrayya, un uomo in sedia a rotelle che aveva perso le sue
gambe in un precedente attacco israeliano.
Ahmad
Rashad al-Athamna è stato ferito mortalmente venerdì da una pallottola
alla schiena a Beit Hanoun, nel nord della Striscia di Gaza.
Dopo l’annuncio della sua morte sulle reti sociali è circolata una sua foto.
Il
ministero della Salute di Gaza ha affermato che Saad Abd al-Majid Abd
al-Al Abu Taha è stato colpito al collo durante proteste a est di Khan
Younis.
Il
ministero ha informato che più di 700 persone sono rimaste ferite
durante le proteste di venerdì, 156 delle quali da proiettili veri.
Quattro sarebbero state gravemente ferite.
“Al
Mezan” ha chiesto “alla comunità internazionale di passare dalla
semplice condanna a un’azione concreta per proteggere i civili e
garantire il rispetto dei principi dei diritti umani e delle leggi
umanitarie.”
Il
gruppo ha aggiunto che la continua tolleranza nei confronti del
comportamento di Israele costituisce “un incoraggiamento perché le forze
israeliane mettano in atto sistematiche violazioni delle leggi
internazionali.”
Secondo “Al Mezan” dal 30 marzo più di 1.600 palestinesi di Gaza sono rimasti feriti da proiettili veri durante le proteste.
Questa
settimana il gruppo palestinese per i diritti umani “Al-Haq” ha
affermato di aver documentato ferite da parte delle forze israeliane
“che hanno preso di mira deliberatamente specifiche parti del corpo dei
manifestanti palestinesi a Gaza, provocando la morte o ferite gravi e
permanenti.”
Il
direttore del pronto soccorso dell’ospedale al-Shifa, il più grande di
Gaza, ha detto ad “Al-Haq” che la maggior parte delle ferite sono state
provocate da “munizioni vere, per lo più dirette agli arti inferiori,
con la rottura di vaste parti ossee, il taglio di vene, nervi e muscoli e
la perdita di pelle nella zona ferita.”
Secondo
Al-Haq l’ospedale ha osservato “una nuova caratteristica delle ferite”
dall’inizio delle proteste della “Grande Marcia del Ritorno” il 30
marzo, “per cui il punto di entrata del proiettile è piccolo mentre il
foro d’uscita è grande.” Questi casi “richiedono operazioni di molte ore
e una equipe medica più numerosa.”
Al-Shifa
ha anche avuto casi senza precedenti di danni provocati da gas
lacrimogeni che comprendono “commozione cerebrale, forti crampi e
perdita dei sensi a causa dell’inalazione dei gas, che necessitano di
immediata sedazione, ausili respiratori e trattamenti di evaporazione.”
Il
gruppo umanitario “Medici senza Frontiere” ha anche osservato nelle
scorse tre settimane “ferite insolitamente gravi e devastanti da armi da
fuoco.”
“La
grande maggioranza dei pazienti – per lo più giovani, ma anche qualche
donna e bambino – presenta ferite insolitamente gravi agli arti
inferiori,” ha affermato il gruppo, sottolineando che alcuni dei fori
d’uscita erano “delle dimensioni di un pugno.”
Giovedì
l’associazione umanitaria ha dichiarato che “il numero di pazienti
curati nei nostri ambulatori nelle ultime tre settimane è maggiore del
numero di quelli che abbiamo assistito durante tutto il 2014, quando è
stata lanciata l’operazione militare israeliana “Margine protettivo”
contro la Striscia di Gaza.
Marie-Elisabeth
Ingres, capo della missione di “Medici senza Frontiere” in Palestina,
ha affermato in un comunicato stampa che “metà dei più di 500 pazienti
che abbiamo accolto nei nostri ambulatori presenta ferite in cui la
pallottola ha letteralmente distrutto il tessuto dopo aver fatto a pezzi
l’osso.”
“Questi
pazienti necessiteranno di operazioni chirurgiche estremamente
complesse e molti di loro rimarranno disabili a vita,” ha aggiunto.
Alcuni
pazienti dovranno subire l’amputazione delle gambe se non riceveranno
da Israele il permesso di avere cure mediche specialistiche fuori da
Gaza, come è già successo per molti manifestanti feriti.
Jamie
McGoldrick, il vice-coordinatore speciale dell’ONU per il processo di
pace in Medio Oriente, giovedì ha affermato che “l’attuale picco di
necessità umanitarie è una crisi che è più grave di una catastrofe.”
McGoldrick
ha aggiunto che “gli operatori dei servizi essenziali di Gaza non hanno
al momento la possibilità di gestire l’attuale situazione.”
Venerdì
l’ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari ha detto che
il sistema sanitario di Gaza è “sull’orlo del collasso in seguito al
blocco decennale, alla divisione politica sempre più profonda tra i
palestinesi, alla crisi energetica in peggioramento, al pagamento
irregolare del personale medico del settore pubblico e alla crescente
mancanza di medicine e di prodotti monouso.”
L’OCHA
ha aggiunto che “l’esposizione alla violenza durante le ultime tre
settimane ha anche avuto conseguenze significative per la salute mentale
e psicosociale, soprattutto tra i bambini.”
Propaganda israeliana
Israele
continua a sostenere la versione secondo cui la sua repressione mortale
contro manifestanti disarmati è necessaria per difendere i suoi confini
e i civili da “disordini” utilizzati come copertura del “terrorismo” di
Hamas.
Un
video propagandistico dell’esercito afferma: “È per questo che l’IDF
(l’esercito israeliano) deve proteggere la barriera di sicurezza.”
Non un solo soldato o civile israeliano risulta essere stato ferito in seguito alle proteste della “Grande Marcia del Ritorno”.
Due
terzi dei due milioni di abitanti di Gaza sono rifugiati provenienti
dalle terre su cui è stato dichiarato lo Stato di Israele nel 1948.
Israele ha da molto tempo impedito ai rifugiati palestinesi di tornare
nelle loro terre e case in quanto non sono ebrei.
Venerdì
mattina l’esercito israeliano ha lanciato su Gaza volantini che mettono
in guardia gli abitanti dall’avvicinarsi o danneggiare la barriera di
confine tra Gaza e Israele.
“L’IDF
prenderà iniziative contro qualunque tentativo di danneggiare la
barriera e le sue parti e di ogni altra struttura militare”, afferma il
volantino.
L’avvertimento
dell’esercito aggiunge: “Hamas vi sta utilizzando per promuovere gli
interessi del suo movimento. Non seguite gli ordini di Hamas che mettono
in pericolo le vostre vite.”
All’inizio
della settimana il COGAT, il braccio amministrativo dell’occupazione
militare israeliana, ha affermato che avrebbe sanzionato 14 compagnie di
autobus che trasportano “terroristi di Hamas e rivoltosi violenti” al
confine orientale di Gaza.
Il
COGAT aveva in precedenza pubblicato quella che ha sostenuto essere una
registrazione tra uno dei propri funzionari e un rappresentante della
compagnia di autobus di Gaza, in cui il funzionario dice che “non
consentiremo che tu e la tua famiglia manteniate un qualunque rapporto
commerciale o imprenditoriale o personale con il lato israeliano” come
punizione per aver trasportato manifestanti.
I
messaggi di Israele non sembrano aver avuto effetto, in quanto Israele
ha ricevuto un avvertimento dalla procura generale della Corte Penale
Internazionale che i suoi dirigenti potrebbero dover affrontare un
processo per l’uccisione di manifestanti disarmati.
Ha
anche ricevuto la condanna di una serie di esperti dei diritti umani
dell’ONU che hanno chiesto la fine immediata del blocco di Gaza.
La
scorsa settimana Israele ha pubblicato una foto che mostrerebbe
giornalisti utilizzati come scudi umani durante le proteste a Gaza.
L’agenzia
France Press ha informato che, quando per la prima volta ha distribuito
la foto, il 13 aprile, l’esercito ha sostenuto che mostrava “un
terrorista che brandiva un oggetto sospettato di essere un ordigno
esplosivo utilizzato per fini terroristici mentre giornalisti e una
persona invalida gli stavano vicino.”
Un’inchiesta
dell’APF ha scoperto, invece, che il “terrorista” mostrato nella foto
stava “cercando senza riuscirci di accendere quello che sembrava un
normale fuoco d’artificio mentre era a terra in mezzo al fumo nero di
copertoni incendiati.”
Il giornalista dell’AFP che si vede nell’immagine ha detto che l’uomo “in seguito ha rinunciato e se n’è andato.”
Secondo
la “Commissione per la Protezione dei Giornalisti”, dal 30 marzo almeno
13 giornalisti palestinesi sono stati colpiti da cecchini israeliani
mentre informavano sulle proteste, compreso uno che è stato ucciso.
Venerdì
quattro giornalisti sono stati feriti da proiettili veri, da inalazioni
di gas lacrimogeni e da un candelotto lacrimogeno.
In
una lettera al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu la
“Commissione per la Protezione dei Giornalisti” (CPJ) ha osservato che
la maggior parte dei giornalisti colpiti dal 30 marzo portava giubbotti
con la scritta “STAMPA” al momento del ferimento.
“I
colpi sparati suggeriscono che le autorità israeliane potrebbero star
cercando di reprimere la copertura mediatica delle proteste,” ha
affermato il CPJ.
“Persino
se l’IDF (l’esercito israeliano) non stesse deliberatamente prendendo
di mira giornalisti,” ha aggiunto il gruppo, “il suo uso di munizioni
letali come primo strumento da utilizzare invece di mezzi non letali
sottopone i giornalisti – soprattutto i fotografi e i video operatori
che devono essere in prima linea per riprendere le immagini – a un
rischio terribile, rendendo il loro lavoro quasi impossibile.”
Anche
le affermazioni fatte dal ministro della Difesa di Israele Avigdor
Lieberman secondo cui Yaser Murtaja, un cameraman ucciso il 6 aprile
dalle sue forze armate mentre stava informando sulle proteste, era un
membro stipendiato dell’ala militare di Hamas, sono state smentite da
organi di controllo della libertà di stampa, compresa la CPJ.
Nel
contempo il gruppo della resistenza palestinese Jihad Islamica ha
diramato un proprio video propagandistico, avvertendo Israele che “state
uccidendo la nostra gente a sangue freddo e pensate di essere al
sicuro, ma i mirini dei nostri cecchini sono puntati sui vostri
comandanti in capo.”
Il
video mostra ufficiali dell’esercito, compreso il capo del COGAT Yoav
Mordechai, visti attraverso un binocolo e il mirino di un fucile.
Il
video della Jihad Islamica sembra essere una risposta alla propaganda
presentata dal portavoce in arabo dell’esercito israeliano, che mostra
manifestanti, compreso un bambino, inquadrati da un binocolo con
l’avvertimento che “vi vediamo bene” o minacce del genere.
In
risposta al video [della Jihad Islamica, ndt.], il ministro israeliano
dell’Intelligence Yisrael Katz ha diramato una minaccia secondo cui
qualunque aggressione a importanti personalità dell’esercito israeliano
da parte dei gruppi della resistenza palestinese “porterà immediatamente
alla ripresa degli omicidi mirati dei dirigenti di Hamas.”
Un
rapporto di “Human Rights Watch” [organizzazione per i diritti umani
con sede a New York, ndt.] afferma che la violenza letale di Israele
contro i palestinesi che manifestavano durante l’inizio della “Grande
Marcia del Ritorno” è stata premeditata, illegale in base alle leggi
internazionali e ordinata dai più alti livelli del governo.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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