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Israele : immigrati africani e diritti fondamentali. Protesta fuori controllo




Sintesi personale

The writer is a 28-year-old asylum seeker from Darfur.
Se quelli  del  governo  non ci vogliono, allora  ci mandino   via, ma  non possono avere entrambe le cose  : non ci deportano e  non ci danno le condizioni di base per vivere qui. Questo è sfruttamento. La stessa cosa sta accadendo nel quartiere  di Tel Aviv

Da un lato  paghiamo affitti carissimi  e  i nostri soldi vanno  a quegli  israeliani stessi che ci  vogliono espellere .  Quando c'è lavoro in estate e gli alberghi sono pieni, nessuno si  lamenta per gli africani che vivono in Israele. Appena  arriva l'inverno e noi non siamo più necessari, la gente comincia a dire che siamo un peso e che distruggiamo la  la società.  Se non ci volete  qui, non scaricate la rabbia verso di noi, perché noi non abbiamo scelta. Non ho nessun posto dove andare. Voglio solo vivere nella sicurezza. Accetto di essere deportato in un paese africano, ad eccezione del Sudan. Voglio vivere con dignità, senza che la gente parli  del colore della mia pelle,  non voglio più sentire ostilità per le strade. E' importante per me affermare  che non siamo un peso per la società. Noi svolgiamo lavori che gli israeliani non vogliono svolgere e siamo pagati meno dei  salari minimi  . Noi paghiamo  l'affitto  ed è difficile per me ascoltare  le dichiarazioni di Eli Yishai nei media.
Lo stato sta diffondendo propaganda negativa contro di noi . Penso che gli ebrei stiano  facendo a noi  quello  che i   i tedeschi  fecero a loro. Non dite  sciocchezze  : siamo nel 21 ° secolo. Non parlate  del colore della pelle,  non dire che io puzzo. Vogliamo vedere una vera democrazia ,non  sentire solo parole.
So che non potrò mai avere diritti uguali a voi, ma voglio ottenere  i pochi diritti che mi spettano come rifugiato.




2    Non ho mai visto tanto odio  Per Ilan Lior
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Da 10  anni sono giornalista. Ho visto attacchi terroristici, funerali, incidenti e dimostrazioni. Ho visto la rabbia, la disperazione, la frustrazione e la   tristezza in molti  luoghi. Ma un odio così non l'ho mai visto. Se non fosse stata per la presenza della polizia, forse ci sarebbe stato  l'omicidio di un lavoratore migrante,  di un richiedente asilo  o di  un passante .
La  manifestazione  era legittima. I residenti del sud Tel Aviv hanno  cercato di protestare contro la politica del governo  o piuttosto contro  la mancanza di una tale politica. In pochi anni nei quartieri meridionali della città si sono  insediati  decine di migliaia di africani. I residenti li chiamano infiltrati, altri li considerano rifugiati o richiedenti asilo e la vita nei quartieri meridionali è diventata un inferno.
Sul palco c'  è stata una dimostrazione di odio. I residenti  hanno raccontato della  violenza degli immigrati provenienti  dal Sudan ed dal' Eritrea. Alcuni hanno intrapreso  azioni estreme per far loro del male. Gli organizzatori della manifestazione, tra cui l'intero  Comune di Slough, hanno cercato di moderare il tono e  di calmare l'atmosfera.  

Ai membri  della Knesset non importa. Essi in realtà soffiano  sul fuoco. "I sudanesi sono un cancro nel nostro corpo", ha detto Regev. " "Ricada la vergogna sulla sinistra   che, rivolgendosi alla  Corte suprema , ha bloccato  la deportazione", ha gridato  Michael Ben-Ari "Ci sono delinquenti ,  ci sono stupratori... Il tempo del parlare  è finito" Anche  Ltzfonbonim ha puntato il dito contro la sinistra.
Regev e Ben-Ari ha fatto il lavoro. La dimostrazione è sfuggita di mano. La folla ha capito  il messaggio: il parlare  è finito, è tempo dei  fatti. Ora è tempo di prendere la legge nelle proprie  mani, essere violenti, sfogare la rabbia. Molti dei manifestanti  aspettano  il momento giusto  per  il pestaggio. 

Ho vissuto momenti surreali: "Tu sei un uomo di sinistra che lancia pietre contro i soldati ai posti di blocco," mi ha accusato uno dei manifestanti. "Sei un traditore." mi ha minacciato un altro. Ho cercato di spiegare  che ero un giornalista e attivista di sinistra, che non avevo mai lanciato una pietra contro nessuno. Ho detto che ero lì per   ascoltare  il grido dei residenti, la loro angoscia. Nessuno mi ha ascoltato .
Ben presto la situazione ha incominciato  a deteriorarsi. Uno  dei manifestanti mi ha spinto, ha strappato  il notebook dalle mie mani e lo ha lanciato  in aria. Mi ha salvato  la polizia di frontiera:  "Ti riconosco. Ti ho visto la settimana scorsa lanciare  pietre contro i soldati al checkpoint ", ha detto una donna esagitata ." Ti sbagli ", le ho risposto." 
Ben presto   sono stato circondato da un manifestante, poi  da un altro manifestante e  da un altro e  da un altro. La polizia ha deciso che rapidamente dovevo allontanarmi : "Più veloce, rischi di essere ammazzato".. Centinaia di persone hanno  cominciato a inseguirmi  e la piccola forza di polizia non poteva fronteggiarli . Alcuni di loro mi hanno raggiunto. Uno  mi ha strappato la camicia  minacciandomi  di uccidermi. Per la prima volta ho visto vero odio negli occhi di un'altra persona.
I poliziotti mi hanno spinto in macchina,cercando di proteggermi. I manifestanti  hanno circondato la macchina  che ha cominciato  a  oscillare  da un lato all'altro. "Traditore" urlavano . Uno degli ufficiali era rimasto  al di fuori della vettura. I suoi amici in preda al panico hanno gridato:  "Dobbiamo lasciarlo  entrare, aprite  la porta". Mentre ci allontanavamo  ho sentito le grida di "sudanesi in Sudan". Il disagio degli abitanti non lo sottovaluto. Questi quartieri poveri  sono costretti  ad assorbire una popolazione indigente che  lotta quotidianamente  per la sopravvivenza. Ma questa è solo una parte della storia. Ieri tutti hanno  definito  il colore nero della pelle come nemico.
I membri  della Knesset hanno una responsabilità nel trasformare le parole in fatti. Essi non possono scrollarsi di dosso ciò . La violenza contro coloro  il cui unico crimine è il colore della pelle nero è un  risultato diretto del loro incitamento selvaggio. Riots ieri ha iniziato  un pendio scivoloso e pericoloso. Meglio fermarsi  il più presto possibile. Se i funzionari eletti ei leader di quartiere non si assumeranno  la responsabilità, qualcuno potrebbe essere ucciso

3       Tel Aviv 2012–Berlin 1938
11     Israele: immigrazione straniera e rifugiati politici.

12   'Israel's treatment of refugees lacking'

13      Migration debate: Keep our Israel Jewish 

14      African migrants: Deportation is inhumane 

15         Fear, the African refugees and the cost of maintaining Israel as a Jewish state


  16   Israele. Vuoti di memoria collettivi: notte di pogrom contro la comunità africana
Minacce di “deportazione” contro gli “infiltrati”, aggressioni, negozi dati alle fiamme: è una notte di pogrom nel quartiere di Hatikva, periferia di Tel Aviv. La violenza arriva dalla destra israeliana, e si rivolge contro la comunità africana. Episodi che si ripetono da settimane, come diretta conseguenza delle politiche del governo Nethanyahu contro i migranti. E di un vuoto di memoria collettivo. 


di Cecilia Dalla Negra

Non è stata la prima volta, probabilmente non sarà neanche l’ultima. Già il 26 aprile scorso la comunità migrante sudafricana a Tel Aviv, composta per la maggior parte da rifugiati e richiedenti asilo, aveva subito gravi attacchi: al termine delle celebrazioni per lo Yom Haatzmaut (la Giornata dell’Indipendenza israeliana) 5 bottiglie molotov erano state lanciate da “ignoti” contro le abitazioni di africani nei quartieri poveri di Tel Aviv. 

Nella notte tra il 23 e il 24 maggio è accaduto di nuovo, questa volta con una manifestazione organizzata e composta da un migliaio di persone, che ha visto la presenza di una delegazione di membri della Knesset, il parlamento israeliano.
Tutti esponenti del Likud, il partito nazionalista liberale guidato dal primo ministro Benjamin Nethanyahu, che per la destra di base, evidentemente, non è abbastanza a destra, nonostante le politiche aggressive nei confronti degli stranieri messe in atto dal governo. 
Una folla violenta ha invaso nella notte il quartiere di Hatikva, periferia di Tel Aviv, dove risiede la gran parte dei migranti africani arrivati in Israele in cerca di rifugio da Eritrea, Sud Africa o Darfour: i manifestanti hanno dato alle fiamme negozi, cassonetti, vetrine.
Automobili e taxi sono stati ripetutamente fermati da dimostranti che, picchiando sui finestrini o distruggendoli, erano in cerca di autisti e passeggeri africani.
Slogan razzisti sono stati urlati a gran voce per ore: “Vogliamo la deportazione dei sudanesi” e “infiltrati fuori da casa nostra”, in quella che è stata una vera e propria “caccia allo straniero”, sostenuta e supportata da membri del Parlamento. 
Tra loro, come riportato da testimoni attraverso i social network e dal quotidiano israeliano Ha’aretz, anche Miri Regev (Likud) che, rivolgendosi alle masse, ha definito i sudanesi “un cancro nel nostro corpo”, promettendo ai presenti: “Li rimanderemo tutti indietro”.
Tra i politici presenti anche Danny Danon (Likud), tra i parlamentari più attivi nella lotta contro i migranti, autore di un piano di espulsione che riguarderebbe circa l’80% dei rifugiati africani presenti nel paese, che nel rivolgersi ai manifestanti ha suggerito una sola soluzione possibile: “Dobbiamo iniziare a parlare di espulsione: non dobbiamo avere paura di pronunciare questa parola”. 
Si affrettano ad assicurare che non si tratta di razzismo: ma sono parole, intenzioni e azioni difficilmente definibili altrimenti, capaci di rimandare a una memoria storica collettiva non troppo distante nel tempo. Quello della notte scorsa, nel quartiere di Hatikva, è stato un Pogrom diretto, organizzato e attuato dalla destra estremista contro la popolazione migrante. 
E d’altra parte solo pochi giorni fa Nethanyahu, parlando del “problema” dei rifugiati, aveva definito l’immigrazione una “minaccia allo stato israeliano e alla sua identità ebraica”, solo l’ultima di tante esternazioni “non razziste” che hanno caratterizzato il suo mandato elettorale. 
Del marzo scorso l’annuncio di un progetto per la costruzione del più grande centro di detenzione per migranti nel deserto del Negev – per “porre fine alla piaga dell’immigrazione” – mentre è stata avviata recentemente la costruzione di un nuovo muro: 250 km al confine con l’Egitto, per evitare il passaggio dei “clandestini” provenienti dall’Africa e diretti in Israele. 
Una violenza – tanto governativa che popolare – capace di toccare apici di aggressione già da tempo: nel gennaio 2011 era stato interessato il quartiere periferico di Shapira, luogo disagiato dove le comunità migranti (mal)convivono con il sottoproletariato urbano israeliano, teatro di aggressioni e violenze ripetute. 
Ma nel corso del 2011 sono state tante anche le manifestazioni di violenza razziale e politica organizzate dalla destra israeliana, tra cui la pubblicazione, da parte di un gruppo di rabbini, dell’appello ai cittadini perché non affittassero le loro proprietà agli “infiltrati” stranieri. 
Oggi, secondo quanto riportato da Ha’aretz, il governo sarebbe sul punto di approvare un piano di deportazione di massa dei rifugiati, per rimpatriarli forzatamente in Sud Africa. 
Azioni che si collocano in perfetta armonia  - e sono diretta conseguenza - di una politica governativa ormai sempre più ghettizzante, discriminatoria e disumanizzante nei confronti dei non-ebrei presenti nel paese: palestinesi, arabi israeliani o sudafricani che siano
Capaci, tutti, di rappresentare un “serio rischio” al quell’equilibrio demografico tanto ricercato, e sempre più difficile da mantenere, che vorrebbe il paese decisamente ebraico, israeliano e, possibilmente, bianco. Ma democratico. 
 “A volte” – scrive un attivista israeliano su Twitter – “le nazioni sono affette da collettivi vuoti di memoria”. Come quando esseri umani diventano “infiltrati”, intere comunità sono “da deportare” e quartieri cittadini vengono investiti dalla violenza.
Quando la storia si ripete, ma dimostra che nemmeno le vittime sanno esserne degni alunni. 

Le foto dell’aggressione della notte scorsa sono visibili sul sito di Activestill, un video su quello di Free Palestine

24 maggio 2012
 Tel Aviv 2012–Berlin 1938

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